giovedì 23 maggio 2013

Vita in trincea

Trincee - Condizioni di vita
Sia per le sue estensioni in tutti i 5 fronti terrestri e su tutti i mari del mondo, sia per la sua lunghezza, nella società di massa che stava nascendo vi era anche “la guerra di massa”. Essa mobilitò circa 70 milioni di uomini da 19 Paesi, comprese le colonie.

Le trincee
Da rifugi provvisori a quartieri permanenti
Come già studiato, la vita dei soldati durante la guerra era quella nella più semplice posizione difensiva, la trincea. Inizialmente queste venivano considerate semplicemente un rifugio provvisorio per ripararsi dal fuoco nemico, ma con il passare del tempo, esse diventarono dei veri e propri quartieri permanenti dei reparti di prima linea. Da qui le trincee vennero fornite di baracche di legno e protette da reticolati di filo spinato e collegate da camminamenti.

L’assalto alla baionetta
La vita in trincea era noiosissima e ogni tanto i soldati venivano sorpresi solo dal fatidico grido “All’attacco!” proveniente da uno o l’altro schieramento. Qui avveniva il rito dell’assalto alla baionetta, che ogniqualvolta succedeva centinaia di vite scomparivano; venivano preceduti dal tiro di artiglieria che serviva solo a eliminare l’effetto sorpresa. Contemporaneamente la fanteria doveva avventurarsi allo scoperto fino alla trincea nemica dove, sempre se ci si arrivava, si ingaggiava un combattimento corpo a corpo con la baionetta. Così milioni di soldati morivano nel corso di 4 o 5 lunghissimi anni.

Le sofferenze della truppa
Chi viveva in trincea subiva il logoramento fisico e morale. I soldati di fanteria e gli ufficiali inferiori non ricevevano il cambio per interminabili settimane, erano esposti a tutte le intemperie del tempo, venivano trattati con arroganza dai superiori come nella vita i borghesi trattavano gli operai e i contadini, venivano puniti se per caso durante la battaglia perdevano il berretto. Inoltre gli ufficiali superiori si assegnavano da soli medaglie e medaglie senza mai andare in prima linea come avrebbero dovuto.

Il comportamento del bravo soldato
All’assalto a testa alta
Il bravo soldato, secondo i capi militari, doveva andare all’attacco in posizione eretta e a testa alta. Ripararsi dal fuoco o strisciare a terra, come viene insegnato oggi per esempio ai Marines, all’epoca era considerato un atto di vigliaccheria e si veniva processati da un tribunale militare. Il generale Cadorna su questo scrisse un libretto che le truppe dovevano conoscere a memoria.

Il problema del rancio
Cadorna sosteneva anche che i soldati dovevano cucirsi il rancio, la divisa, da sé, e i generali francesi erano d’accordo su questo. Lo stesso era per il cibo e il resto che poteva essere necessario ai soldati.
Solo il Kaiser Guglielmo II prevedeva cucine da campo mobili su carretti; l’idea gli era venuta guardando il circo Barnum, il più famoso americano, che aveva questa organizzazione.

Feriti e malati
Rimanere feriti o ammalarsi non era una bella esperienza, anche se verso la fine della guerra era la speranza di molti perché era l’unico modo per allontanarsi dalla trincea.
Chi si feriva doveva attendere la notte perché i barellieri venissero a prelevarli. Ben pochi addetti avevano il coraggio di avventurarsi nella “terra di nessuno” per il timore che qualcuno sparasse. Gli ospedali erano molto lontani. Inizialmente i malati venivano trasportati con carrette trainate da muli. Poi vennero le prime ambulanze.
Piccoli ospedali da campo vennero posti in prossimità delle prime linee; consistevano in tende divise in quattro dove i chirurghi passavano da una parte all’altra per praticare i loro interventi. Quelli tedeschi erano provvisti anche di attrezzature per le radiografie portatili.


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