Grazie alla sua conformazione, abbastanza lineare , il Giappone
è uno dei paesi più idonei alla costruzione di ferrovie per treni ad
alta velocità. E proprio qui, nel 1964, fu costruita la prima rete
ferroviaria in grado di far correre sui suoi binari il treno
superveloce, famoso in tutto il mondo, chiamato Shinkansen.
Viaggia a 200 chilometri orari; è in grado di collegare tokyo a Osaka in 3 ore e 10 minuti, quando normalmente ne servirebbero 6 e mezza, ed è costato ben 380 miliardi di yen,
circa 3.200 miliardi di lire. Da allora, sono state eseguite parecchie
modifiche e migliorie; la linea ferroviaria a trasportato circa 3
miliardi di persone e ha coperto una distanza equivalente a 30.000
viaggi intorno al mondo. Il fatto più strabiliante è che da allora non
si è mai verificato un solo incidente mortale: naturalmente lo si deve
alla straordinaria manutenzione del mezzo e al progetto assai solido.
Shinkansen Viaggia a 200 chilometri orari; è in grado di collegare tokyo a Osaka in 3 ore e 10 minuti, quando normalmente ne servirebbero 6 e mezza, ed è costato ben 380 miliardi di yen, circa 3.200 miliardi di lire. Da allora, sono state eseguite parecchie modifiche e migliorie; la linea ferroviaria a trasportato circa 3 miliardi di persone e ha coperto una distanza equivalente a 30.000 viaggi intorno al mondo. Il fatto più strabiliante è che da allora non si è mai verificato un solo incidente mortale: naturalmente lo si deve alla straordinaria manutenzione del mezzo e al progetto assai solido.
Ogni paio di ruote è dotato di un motore col freno a disco; le rotaie vengono sottoposte a esame per tutta la loro lunghezza ogni dieci giorni, in modo da prevenire anche il minimo segno di usura. Durante i terremoti, lo Shinkansen si blocca automaticamente Ogni treno ha un suo nome ( come eco o luce ); tutti possiedono il vagone ristorante, alcuni anche i negozi ma nessuna carrozza letto, poichè sarebbe inutile. Chi si dimostra previdente e prenota il biglietto ( e quindi il posto ), può stare tranquillo: il suo sarà un viaggio supercomodo; chi prende il treno senza prenotazione deve invece aspettarsi vagoni stracolmi, come ogni normale treno giapponese.
Shinkansen Viaggia a 200 chilometri orari; è in grado di collegare tokyo a Osaka in 3 ore e 10 minuti, quando normalmente ne servirebbero 6 e mezza, ed è costato ben 380 miliardi di yen, circa 3.200 miliardi di lire. Da allora, sono state eseguite parecchie modifiche e migliorie; la linea ferroviaria a trasportato circa 3 miliardi di persone e ha coperto una distanza equivalente a 30.000 viaggi intorno al mondo. Il fatto più strabiliante è che da allora non si è mai verificato un solo incidente mortale: naturalmente lo si deve alla straordinaria manutenzione del mezzo e al progetto assai solido.
Ogni paio di ruote è dotato di un motore col freno a disco; le rotaie vengono sottoposte a esame per tutta la loro lunghezza ogni dieci giorni, in modo da prevenire anche il minimo segno di usura. Durante i terremoti, lo Shinkansen si blocca automaticamente Ogni treno ha un suo nome ( come eco o luce ); tutti possiedono il vagone ristorante, alcuni anche i negozi ma nessuna carrozza letto, poichè sarebbe inutile. Chi si dimostra previdente e prenota il biglietto ( e quindi il posto ), può stare tranquillo: il suo sarà un viaggio supercomodo; chi prende il treno senza prenotazione deve invece aspettarsi vagoni stracolmi, come ogni normale treno giapponese.
I samurai
Etica incorruttibile, spirito di sacrificio, abilità, forza: i
guerrieri del Sol Levante esercitano un fascino enorme sul mondo
occidentale, sono i samurai. Nell’ antichità il Giappone
era suddiviso in tanti piccoli staterelli rivali l’uno con l’altro e
viveva in uno stato di perenne guerra. I nobili richiamarono a loro dei
guerrieri valorosi e fedeli: i samurai (dal verbo saburau =
servire-essere al servizio). Questi guerrieri si dotarono di un loro
codice d’onore: il bushido, che oltre il comportamento sul campo di
battaglia ne regolava la vita spirituale.
Cenni storici
La
prime notizie storiche sui samurai risalgono al IX-X secolo e sono
legate allo sviluppo in Giappone dello shogunato, un sistema feudale
sopravvissuto per tutto l’Ottocento. «I samurai all’inizio erano
miliziani assunti dai feudatari delle province per sedare le ribellioni»
Nel 1185 salì al potere la prima grande famiglia di guerrieri, quella
dei Minamoto, e lo shogunato si affermò definitivamente, mentre il
potere imperiale perse centralità. «In realtà fin dalle sue origini il
Giappone è stato caratterizzato da connotazioni militari».
All’inizi del 900 gravi carestie e conflitti bellici
rensero il Governo centrale impossibilitato a garantire la sicurezza
nazionale, per questo i nobili si costruirono propri eserciti personali
composti da guerrieri provenienti dalle campagne e istruito al
combattimento, le continue lotte interne finirono per aumentare il
potere e l’importanza di questi guerrieri, contemporaneamente i nobili
resero l’imperatore di fatto escluso dalla direzione dello stato. Dal
XII secolo i samurai o bushi (“uomini che combattono”) costituircono la
casta più importante della piramide sociale. I samurai erano al completo
servizio del proprio padrone (daimyô) e per lui sono pronti anche a
togliersi la vita tramite il famoso rituale chiamato seppuku. I samurai
seguivano un codice di comportamento bellico chiamato bushido che
letteralmente significa “via del guerriero”, il punto fermo del bushido
era l’onore sia in battaglia che nella vita comune, il bushido inoltre
disciplina i rapporti da tenere in uno stesso clan e con il proprio
capo. Il samurai doveva essere sobrio, modesto, in guerra deve essere
coraggioso, leale, solidale e naturalmente deve avere un grande onore.
Ai samurai erano attribuiti spesso due termini: bun che indicava
saggezza di tipo confuciano e bu che indicava il contesto marziale.
Infatti una delle doti essenziali del samurai era il giusto equilibri
tra azione e riflessione. La formazione ideale del samurai era un
insieme di componenti, sociali, filosofiche, religiose. Non fu difficile
per i bushi con innata semplicità shintoista
assimilare le dottrine dello zen, il samurai fin da bambino imparava a
non tradire nessun emozione ed a controllare il suo spirito, per fare
ciò era necessario sacrificio e ore e ore di esercizi. Lo zen fu
fondamentale ad allenare e perfezione il loro famoso autocontrollo in
quanto le sue tecniche insegnavano ad avere la totale padronanza delle
proprie emozioni, dote fondamentale per un samurai sempre di fronte alla
morte.
I samurai nel mondo moderno
Oggi, per competere con la concorrenza orientale, l’economia
americana, sta cercando proprio loro: non guerrieri, ma agguerriti
manager dall’etica incorruttibile e in grado di identificare il proprio
successo personale con quello del gruppo o dell’azienda. Lo afferma
Andrea Pítasi, docente di Sociologia giuridica e della devianza
all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti, che ha studiato la cultura giapponese proprio per il suo contributo allo sviluppo di nuovi modelli di organizzazione aziendale.
«Nel Giappone antico», osserva Alida Alabiso, docente di Archeologia e storia dell’arte giapponese all’Università di Roma La Sapienza, autrice del libro I samurai (Newton & Compton, 158 pagine, 7,90 euro).
«la cultura samurai è sinonimo autodisciplina, capacità di sacrificio e dedizione. Non è un caso che i Giapponesi, se le finanze del Paese sono in crisi, si autotassino versando le tredicesime». Ciò che li anima è lo stesso profondo senso del dovere dei fascinosi guerrieri che dominarono il Giappone per 700 anni. Non è tuttavia questo aspetto ad accendere la fantasia di noi occidentali.
«Nella mentalità europea e soprattutto in quella latina», spiega Andrea Pitasi, «prevale l’idea del samurai come spirito libero, super-eroe guerriero senza macchia né paura che segue un rigido codice morale, ma non è “a servizio” di nessuno. Una figura che si identifica in realtà solo con i cosiddetti ronin, i samurai rimasti senza padrone dopo la sconfitta del loro signore che in Giappone erano considerati invece banditi o sbandati ».
«Nel Giappone antico», osserva Alida Alabiso, docente di Archeologia e storia dell’arte giapponese all’Università di Roma La Sapienza, autrice del libro I samurai (Newton & Compton, 158 pagine, 7,90 euro).
«la cultura samurai è sinonimo autodisciplina, capacità di sacrificio e dedizione. Non è un caso che i Giapponesi, se le finanze del Paese sono in crisi, si autotassino versando le tredicesime». Ciò che li anima è lo stesso profondo senso del dovere dei fascinosi guerrieri che dominarono il Giappone per 700 anni. Non è tuttavia questo aspetto ad accendere la fantasia di noi occidentali.
«Nella mentalità europea e soprattutto in quella latina», spiega Andrea Pitasi, «prevale l’idea del samurai come spirito libero, super-eroe guerriero senza macchia né paura che segue un rigido codice morale, ma non è “a servizio” di nessuno. Una figura che si identifica in realtà solo con i cosiddetti ronin, i samurai rimasti senza padrone dopo la sconfitta del loro signore che in Giappone erano considerati invece banditi o sbandati ».
Rapporto samurai-signore
Minamoto Yoritomo (1191), il fondatore dello
shogunato di Kamakura, dettò alcune regole che rimasero fondamentali per
i samurai, alla base di queste regole c’erano devozione e lealtà da
parte del samurai al proprio signore. Questo rapporto legava entrambe le
figure, il samurai si impegnava a servire il superiore il quale a sua
volta lo ricompensava con un possedimento fondiario, chigyochi. Durante
il x secolo la cerimonia di investitura da vassallo e signore era
centrata su un giuramento che nel periodo Kamakura viene trascritto su
un rotolo, kishomon. Il kishomon dopo essere stato compilato veniva
bruciato e sciolto in un liquido che il samurai beveva, in questo modo
il bushi interiorizzava sia materialmente che simbolicamente il patto
che aveva fine solamente con la morte da parte di uno dei due
contraenti. Il legame che univa i due era talmente forte che quando un
signore moriva, molti dei suoi samurai si suicidavano per seguirlo anche
nell’aldilà. Questa usanza veniva chiamata junshi e venne vietata per
legge dopo che interi clan di samurai si suicidarono, non sparì però
completamente. Uno degli episodi più famosi è senz’altro quello dei 47
ronin che si uccisero dopo avere vendicato il proprio signore. Gli
obblighi del samurai verso il proprio signore erano molti: fedeltà,
sottomissione, turni di guardia, fornitura di guerrieri, partecipazione
alle spese per il mantenimento del potere da parte del proprio signore,
in cambio il signore garantiva protezione, aiuto e ricompense dopo le
battaglie. I principi che legavano il samurai al signore erano
fondamentalmente due: giri= dovere e chugi= lealtà, il samurai doveva
inoltre possedere saggezza= chi, valore= yu, benevolenza= jin; doveva
essere coraggioso e forte ma nello stesso tempo composto e magnanimo, il
coraggio era uno degli elementi fondamentali naturalmente. Il samurai
era al servizio del Daimyo, Signore di un clan o di una provincia ricco e
potente, a sua volta il Daimyo era al servizio dello Shogun
(Generalissimo), il quale nominato dall’Imperatore, prima di diventare
Shogun era anch’egli un Damyo. Lo Shogun governava in modo dispotico ed
autoritario in nome dell’Imperatore, ma di fatto quest’ultimo possedeva
solamente una carica onorifica.
la ringrazio prof.mi è servito davvero molto.. :) nn sapevo più che fare..
RispondiElimina